sabato 21 maggio 2011

Il Kenya e la strada ferrata


Il "Nairobi Railway Museum" è un'interessante museo nella capitale del Kenya ed è allestito in quello che una volta era la Stazione Ferroviaria dove si trovano vari reperti della storica East African Railway con i suoi modelli di treni nonché di navi per il traghettamento dei treni sul lago Vittoria e aggeggi vari compreso il cosiddetto “Engine Seat” che permetteva ai personaggi illustri (come il Presidente americano Roosevelt) di sparare agli animali standosene tranquillamente seduti sulla parte anteriore della locomotiva, o la poltroncina in paglia appositamente costruita per la visita della Regina d'Inghilterra lungo il viaggio in treno per la colonia. All'esterno della stazione c'è un parco dove stazionano diverse vecchie locomotive che risalgono alle varie epoche. Tra i vari treni c'è quello con cui hanno girato il famoso film "La mia Africa".
Della storia reale di questa ferrovia si trova anche il mini-treno color grigio chiaro approntato per dare la caccia al leone mangia-uomini che dopo aver sbranato decine e decine di lavoratori indiani, causando il blocco della costruzione della ferrovia per quasi un anno, sbranò lo stesso
Suprerintendent of Railway Police Charles Ryall
venuto appositamente dall'Inghilterra per dare la caccia al pericoloso felino e che nella notte del 6 giugno del 1900 a Kima, 110 km da Nairobi, nell’attimo in cui vinto dalla fatica stava dormendo con la porta del suo vagone appositamente lasciata aperta nel caso in cui avesse sentito l’avvicinarsi del leone venne sbranato e malgrado le urla e l'accorrere di altri cacciatori il leone riuscì a dileguarsi per l'ennesima volta nel buio della notte senza più fare ritorno e senza più causare altri morti.
Una vicenda vera e non solo una leggenda. Insomma c’è tutta la storia della ferrovia keniana che è molto importante in quanto è parallela alla nascita dell'ancora inesistente Kenia (prima del 1920 il paese era chiamato “The East Africa Protectorate”) infatti tutto inizia con la colonizzazione degli inglesi che nel 1896 decidono di costruire una ferrovia che colleghi la città costiera di Mombasa, quindi il porto, con la città di Kampala (Uganda) sita all'interno dell'Africa ed importante colonia britannica ma anche per contrastare il dominio tedesco nella regione. Da qui il primo passo di quello che sarà il Kenya nome distorto dagli inglesi da quello originale Kerenyaga, nome dato dal popolo kikuyu alla montagna più alta (che con i suoi 5,199 m.slm è il secondo monte più alto dell'Africa). La stessa capitale Nairobi non esisteva fino ai primi del 1900 quando trovandosi a metà strada tra Mombasa e Kampala gli ingegneri inglesi decisero di piantare il Quartier Generale e il campo per gli operai indiani in piena savana e nel mezzo del nulla ma in una zona ricca di “tanta acqua”, da qui il nome Nairobi nella lingua Masai, che permetteva di dare da bere sia alle persone che alle mastodontiche locomotive a vapore. La prima costruzione in pietra della città fu proprio la stazione ferroviaria nel 1920 da cui si sviluppò la città di oggi coi suoi 4milioni di abitanti.
Cioè non è la città che ha costruito la ferrovia ma la ferrovia che ha costruito la città ...... e il resto del Paese.

mercoledì 18 maggio 2011

Habari yako. Mzuri sana !

In Kenia la lingua ufficiale sono due: l'inglese e il swahili. La lingua swahili (o kiswahili) è una lingua bantu evolutasi negli anni con il commercio tra gli arabi, gli indiani e un mélange con le lingue della costa keniota e tanzanese e qualche parola di portoghese. Una lingua dolce che si legge come si scrive che l'accomuna con l'italiano. Una lingua divenuta internazionale tanto da trovarla nei siti importanti e popolari quali la BBC, le Nazioni Unite o Al Jazeera. Un altra sua particolarità è che per rendere una parola al plurale bisogna mettere all'inizio della stessa parola l'estensione "wa". Per essere più chiaro prendiamo la parola mtu (che vuol dire persona) per renderla al plurale si aggiunge l'estensione "wa", facendola divenire wamtu (persone). Nessuno ci troverà niente di interessante o strano anche perché ha una sua logica. Per chi invece come me che fin da bambino ha visto o sentito cose strane, ma accettate perché sono cose dette dai grandi o perché è così, una di queste stranezze è stata la canzone tra le più gettonate e cantate di Edoardo Vianello "I watussi" che mi sono sempre chiesto quale popolo di negri vivesse alle porte del Kilimangiaro con quel nome !? Mai sentito parlarne sia ai tempi della scuola che in discorsi o documentari vari. Ecco trovata la risposta durante questo viaggio in Kenya con la mia traduttrice personale Njambi quando mi spiega che il Swahili è parlato anche dai Tutsi (un'etnia della regione dei Grandi Laghi, in maggioranza in Ruanda e Burundi) che però indica una persona e quindi per parlare del popolo bisogna aggiungere "wa" diventando così watutsi, comunemente ma erroneamente chiamati watussi.
Asante sana, Njambi.

lunedì 9 maggio 2011

TORO

La primavera, il profumo dei fiori sbocciati, il tepore dell'aria, i colori pastelli del cielo tutto questo da vitalità al segno del Toro profondamente legato ai suoi luoghi e a tutto quello che giorno dopo giorno gli da emozione senza mai voltare le spalle alle sue origini.
Una forte identità. Ama il benessere materiale e in amore si esprime con gesti concreti di cura e di protezione. Assapora ogni istante della vita con tranquilla e soddisfacente intensità nei gusti, nel profumo, nel suono e nelle mille sfumature della vita ed alla fedeltà del passato allarga le braccia al futuro con la gioia di vivere. Attenzione a non farlo arrabbiare come ogni toro che si rispetti quando provocato si infiamma e non dimentica.
Buon compleanno Toro.

domenica 1 maggio 2011

Aiuto agli aiuti umanitari

Tutto incominciò il 24 giugno 1859 quando Henri Dunant imprenditore svizzero nonché umanista asistette alla battaglia di Solferino tra l’esercito austriaco e quello franco-sardo e quello che lo stupì fu la scena che vide nei campi dopo lo scontro: corpi dappertutto, circa 30 mila, molti dei quai feriti e urlanti di dolore abbandonati e agonizzanti. Una delle più sanguinose battaglie della seconda guerra d’indipendenza italiana durata dalla 12alle 14 ore. Tornato a Ginevra nel 1862 costituisce il “Comitato ginevrino di soccorso dei militari feriti” che poi diventarà “Comitato Internazionale della CROCE ROSSA” e Dunant ricevette il premio Nobel per la Pace.
Insomma il primo comitato di quello che oggi comunemente chiamiamo ONG (Organizzazione Non Governativa). Poi poco o nulla fino al 1968 quando una carestia in Biafra stava mietendo migliaia di vittime diventando in breve tempo un caso internazionale con le foto ed immagini di bambini magrissimi dal ventre gonfio e gli occhi pieni di tristezza e sofferenza. Così nacque una corsa di aiuti da tutto il mondo per espiare in un certo modo le colpe del colonialismo tramite il nascere di ONG sia laiche che religiose. In effetti il Biafra, una regione piena di petrolio, aveva chiesto di staccarsi dalla Nigeria sua Madre Patria causando una guerra civile. L'intervento umanitario ebbe dimensioni senza precedenti infatti oltre ai tanti soldi offerti, per la prima volta molti donarono il loro tempo e presenza fisica direttamente sul terreno con medici, infermieri e tantissimi volontari e fu un vero successo. Tanto da avere oggi giorno ONG di tante nazioni e presenti in tutti quei paesi bisognosi di aiuto. Il loro principale scopo è di assistere la popolazione civile colpita dalle guerre, carestie, penurie o in totale povertà. Ma la guerra rimane quella che miete più vittime in quanto se una volta era effettuata in spazi vuoti e tra due eserciti e in precisi campi di battaglia o trincee e lontano dai centri abitati (questo fino alla prima guerra mondiale) ora la popolazione civile è sempre più coinvolta fino ad avere quasi il 90 % di perdite, vedasi come ultime l’Iraq, l’Afghanistan e la Libia. Da qui il grande bisogno di assistere interi popoli o etnie anche in situazioni davvero precarie e difficili. Con la loro imparzialità e devozione, con la loro audacia e coraggio ma anche sofferenza e strazio queste organizzazioni umanitarie sono quello di più solidale e umano si possa trovare, persino nei più sperduti villaggi sia che si trovino nel deserto o in piena Amazzonia. Comunque gente totalmente disarmata che opera nel bene e per la pace, nel pieno rispetto dell’altro, in aree controllate da combattenti armati di tutto e con cui bisogna trovare un accordo per convivere. Questo non vuole essere un atto d’accusa ma purtroppo a volte si peggiora la situazione e si alimenta la guerra, involontariamente certo, ma la si alimenta. Come é successo in Somalia dove per far arrivare il riso alla popolazione stremata dalla fame si pagava il Generale Aidid perché i suoi uomini non sparassero sulla folla mentre si prestava a raccogliere i sacchi lanciati dagli elecotteri, come era già successo altre volte. Oppure come in Sierra Leone con i suoi centinaia di bambini soldato che finita la guerra gli mutilavano gli arti perché arrivassero le ONG che voleva dire "soldi" in quanto i signori della guerra avrebbero provveduto a trovare case, uffici, alloggi, macchine, autisti, domestici, supermercati e quant’altro serviva ai bianchi. O ancora come nel Nord Kiwu (Congo) dove per mostrare la loro imparzialità i dottori erano obbligati a curare anche i ribelli tanto da trovarsi sotto la stessa tenda vittima e carnefice ed eliminando così il problema dei feriti ai “signori della guerra”. Anche il fatto di trovarsi in paesi o zone talmente destabilizzate e/o senza nessun controllo governativo fa in modo che nessuno verifichi il loro operato e quindi restino senza nessuna responsabilità. Di contro ci sono le miglia di vite salvate, le migliaia di persone che possono camminare con nuove e gratuite protesi o tutti quei bambini salvati da morte certa per denutrizione o per malattie. Ma é anche un modo per non rimanere passivi di fronte alle tragedie del mondo e di sentirsi utili con lo stare a contatto con le nuove vittime di questa (non) umanita’.

P.S.: La foto della bambina è stata scattata con l'autorizzazione dei genitori.