venerdì 1 marzo 2024

2024 COUPE D'AFRIQUE / La Côte d'Ivoire è Campione

 

La Coppa d'Africa delle Nazioni (CAN) è una competizione calcistica tra le migliori squadre nazionali dell'Africa, organizzata dalla Confederazione del calcio africano (CAF) dal 1957. Dal 1968 si svolge ogni due anni, per poi passare agli anni dispari nel 2013 ma come per i Giochi Olimpici di Tokyo e i campionati europei di calcio del 2020, che si sono tenuti nel 2021 a causa dell'epidemia di coronavirus, o per la Coppa d'Africa del 2021, che si è tenuta nel 2022, la Coppa d'Africa del 2023 e’ stata organizzata nell'anno solare successivo e quindi nell' anno corrente 2024 e il Paese ospitante la Côte d’Ivoire. Il torneo e’ iniziato il 13 gennaio ad Abidjan con la partita Costa d’Avorio-Guina Bissau ed e’ finito domenica 11 Febbraio con la Costa d'Avorio che ha vinto il prestigioso trofeo dopo un epico scontro con la favorita Nigeria.
Il bello e alquanto incredibile la Costa d'Avorio è emersa come la sfavorita del torneo infatti si era classificata terza nel gruppo della prima fase a gironi e ripescata come ultima delle migliori terze ma la squadra è riuscita con la sua determinazione ad arrivare in cima. Tanto mi ha ricordato il Luglio del 1982 quando l’Italia divento’ campione del Mondo in Spagna dove tutto era cominciato malissimo, con gli Azzurri martoriati dalla stampa a seguito delle prime partite molto scialbe e fatta di solo pareggi. Poi un repentino cambio di marcia. Chiave del torneo fu la partita col Brasile di Zico Falcao e Sócrates e un’apoteosi per Paolo Rossi e Claudio Gentile allora e oggi per gli ivoriani Franck Kessié e Sébastien Haller nella partita contro il Mali che perdeva per 1 a 0 e per colpa d’ un’espulsione la Costa d’Avorio ha dovuto giocare per 70 minuti in 10 contro 11 ma con determinazione e tanta voglia nell’ultimo minuto dei tempi regolamentari pareggiava e negli ultimi minuti dei tempi supplementari segnava la rete della vittoria e quindi il proseguo de torneo arrivando cosi’ in finale. Ma anche qui pochi minuti di gioco e subiva un gol dalla Nigeria ma esultava quando Franck Kessié ha pareggiato al 62° minuto e ha ri-esultato quando Sébastien Haller, il beniamino della nazionale, ha segnato all'81° minuto con tutto lo stadio Alassane-Ouattara di Ebimpé in festa e una marea arancione invadeva le strade della capitale Abidjan di gioia e di orgoglio per tutta la notte e quasi fino a mattina. Baci, abbracci, canti e un coro unico "È meraviglioso, è meraviglioso" ci si ripeteva uno con l’altro per immortalare il momento. Dovunque musica tanto da da sembrare un'enorme discoteca a cielo aperto. Sulla laguna Ebrié i fuochi d'artificio hanno illuminato il centro della capitale economica. 
Ovunque gruppi di ballerini hanno eseguito la coreografia di “Coup du marteau”, la canzone hit del musicista Tam Sir diventata uno degli inni della CAN ed eseguita dall'artista durante la cerimonia di chiusura. È stata la terza volta (1992 / 2025 / 2023) nella loro storia che hanno vinto una stella e questa volta era sul suolo di casa insomma la Costa d'Avorio è campione d'Africa della "loro" CAN. Ma la festa e’ proseguita il lunedi successivo 12 Febbraio dichiarata giornata festiva per tutta la Costa d’Avorio e a partire dalle 10 del mattino la gente era gia’ in strada tutti con le t-shirts bianco/arancio, chi con parrucche chi con i tam-tam insomma una immensa folla indiavolata che approfittava di un giorno festivo eccezionale per celebrare i propri eroi e al passaggio del camion aperto con i giocatori e tutti a gridare: Bravo’ les Elephantes !!! Bravi Elefanti !!!


In Africa tutte le squadre hanno un simbolo e le hanno dato un nome tra la maggior parte di animali, ecco qualche soprannome: Costa d’Avorio: ELEFANTI / Burkina Faso: STALLONI / Nigeria: GRANDI AQUILE / Angola: ANTILOPI NERI /Congo RDC: LEOPARDI / Marocco: LEONI / / Cameroun – LEONI INDOMABILI / Capo-Verde: - SQUALI BLU /Algeria: FENNECS che e’ una piccola volpe tipica del deserto algerino / Mali: AQUILE / Guinee Bissau: LICAONI / Sudan: COCCODRILLI / Gambia: SCORPIONI / Centrafrica: BAMARA che tradotto dalla lingua locale, il Sango, vuol dire ANIMALI FEROCI. Nome differente per l’ Egitto: FARAONI / Africa del Sud: BAFANA BAFANA che in lingua zoulou significa “I Ragazzi” / Zimbawe: GUERRIERI / Ghana: STELLE NERE / Malawi: FIAMME / Mauritania: MOURABITOUNES (in referenza all’ antica dinastia Sanhajienne des Almoravides) / Sierra Leone: FULMINI. 



lunedì 12 giugno 2023

SPOSTAMENTI e TRASPORTI NEI TEMPI


Dai racconti dei miei parenti il mio trisavolo (il nonno del mio nonno) si spostava a piedi e il mio bisnonno con qualche, poca, bestia da soma che aveva. Mio nonno Giulio e me lo ricordo bene con la sua bicicletta Bianchi di colore nero con i freni a bacchetta argentati. Mio padre Romano in macchina con il Fiat 900 T di colore bianco chiamato anche Pulmino. Io nei miei innumerevoli spostamenti per il mondo con l'aereo.

P.S.: La prima volta che ho messo piede nel pulmino Fiat bianco di mio padre era il 9 Maggio del 1965 giorno che mia madre e’ andata in ospedale a farmi nascere !!

  

sabato 19 settembre 2020

Il 2020 e l'inatteso COVID-19

 

Ho scritto questo post su un foglio di carta dovuta a una voglia di staccarmi un po dall'essere sempre collegato e connesso dal mio utile iPad ma anche dal fatto che così utilizzo e quindi riciclo questi fogli ormai destinati alla pubelle. Ormai la parola riciclare fa parte di tutte le mie azioni quotidiane a cui posso applicarlo. Il tanto tempo libero dovuto all'isolamento obbligatorio a livello mondiale impostaci da questo invisibile ma ben presente virus Covid-19 chiamato nemico che poi non è nemico ne amico come ormai è diventato killer lo squalo quando killer non lo è, insomma questo virus della famiglia dei Coronavirus mi ha lasciato tra le mani una enorme quantità di tempo libero dandomi l’occasione di fare cose che ho rimandato negli ultimi anni per via della mia lontananza lavorativa e il ritmo frenetico della vita. Ho passato tanto, ma ancora poco tempo con
Macline a partire dalle 6 del mattino in faccia al televisore a seguire ed esercitare il programma fitness tutto ivoriano “on est en forme” con coach Konan e coach Bea,  due sedute di 30 minuti tra un misto di step aerobica e zumba, poi via alla piscina nel nostro compound sempre libera dovuta alla presenza, ma dovrei dire assenza dei numerosi uffici. Una doccia e via nell'organizzare la giornata tra una bella insalatona e un piatto cucinato a turno tra le tante scorte fatte da Macline anche prima del mio arrivo ad Abidjan venerdì 13 marzo seguendo ahimè le notizie terribili del diffondersi della pandemia prima dalla Cina, dopo l’Italia, poi in tutta l’Europa e nel mondo intero infine. Siamo rimasti in questo stato di totale isolamento per più di tre mesi. Volati ! Ho riscoperto la lettura e come non poteva mancare di rileggere “Un Uomo” della sempre amata Oriana Fallaci. Ho passato anche parecchio tempo in cucina e non solo a cucinare i maccheroni come mi chiamano sovente all’estero ma bensì a partire dal petit déjeuner con “les Madeleines” alle mele, al cioccolato e al miele quest’ultimi autentici ivoriani come anche la marmellata al mango e papaia. Buonissime ! Pasta al forno con un discreto ragu' e le tagliatelle ai gamberoni il piatto preferito da Macline che a sua volta ha preparato i suoi gustosi cibi: sauce arachide, souce graine con pesce fresco per non parlare del squisito cous-cous cosi pieno di légumes di aromi, spezie e questo rigorosamente con del mouton la sola carne che ci permettiamo a parte il lardon fume' per la mia immancabile carbonara. Ma anche tante verdure come il gratin de chou-fleur o gratin de pommes de terre al forno.

Tutto cibo fresco ma senza lasciare nulla al caso, infatti grazie alla sempre disponibile Martine che procedeva agli acquisti per poi lascare il tutto sulla soglia, anzi in un piccolo sgabuzzino giusto a fianco della porta d’entrata di casa e tutto questo non senza immaginare che i sacchetti brulicassero di questi invisibili granuli pronti ad attaccarci. Per non parlare di baciare qualcuno! Praticamente ci siamo abituati a tenere a due metri di distanza chiunque. Come sarà ri-socializzarci una volta debellato il virus? Entreremo in un qualsiasi negozio e vedendo altri clienti diremo: Essere Umani !Che dire di tutti quei virologhi, dottori epidemiologi, esperti a riempirci di notizie sia in vari programmi tv e decine di video su youtube e o articoli speditemi da amici, parenti e conoscenti sui vari social e devo dire che alla fine mi hanno creato piu confusione che chiarezza. I programmi si sussegivano uno dopo l’altro e anche cambiando canale il soggetto era solo e sempre uno il Coronovarius e questo in italiano in francese e canali inglesi compresi, a un certo punto pensavo di essere diventato specialista in biologia virale, in epidemiologia delle malattie infettive insomma un esperto del sistema immunitario. Ho rivisto anche alcuni grandi studiosi degl anni “80 di cui due Nobel per la ricerca sul virus Hiv. A questo punto e’ bene ricordare che allora con lo scoppiare della diffusione mondiale dell’Aids era cosi’ disperante da “avere” delle proposte concrete nel mettere un timbro “Hiv Positivo” sul passaporto delle persone malate ! Poi non se ne fece nulla, per fortuna. Mentre sto scrivendo quello che mi colpisce e’ che sono passati ben 40 di anni dallo scoppio della paura dell’HiV ma anche per me ! Insomma il Covid si è fatto beffa dei controlli, dei confini e del problema dell’immigrazione e della biometrica fermando il motore mondiale del capitalismo. Quindi se non possiamo impedirlo possiamo almeno immaginare un futuro diverso. Come? Molto semplice come nell’avere uno scopo comune dando la priorità alla sanità mondiale con più ospedali e centri di ricerca. Se penso che l’hanno chiamata guerra ebbene vinciamola questa guerra. Fossi uno dei grandi Presidenti abbandoneri subito tutte  le armi dal valore di miliardi e miliardi di soldi, quelle nucleari piu di tutte e ne sono iper-convinto che che a differenza di un futuro vaccino come fonte di guarigione le armi non guariscono semmai uccidono e più di questo “nemico” invisibile, queste armi distruttrici create dalla razza umana per uccidere altri esseri della stessa razza. Purtroppo non esiste un vaccino che debelli una volta per tutte il virus dell’ignoranza e del pregiudizio. Quindi mi pongo la questione riusciranno i paesi potenti e ricchi a guardare oltre i propri confini e non solo chiuderli al momento del bisogno. Insomma, i Leader mondiali prendano l’esempio di quelli che dopo la fine della seconda guerra mondiale che pianificarono la Carta Atlantica che sarà poi il seme dell’ONU e di seguito da una sua costola nacque il ramo sanitario con l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1946 che sostituì una varietà di piccole organizzazioni internazionali create per dare una risposta negli anni venti del novecento all’epidemia d’influenza manifestatasi nel 1918 in cui morirono 50 milioni di persone nonché le epidemie di tifo e tubercolosi nel dopoguerra. Insomma i virus sono sempre un passo avanti all’uomo e quando ne arriva uno nuovo noi stiamo rispondendo ancora al precedente quindi se la pandemia e’ globale vuol dire che ci vuole una risposta globale. E qui un mio pensiero “se e’ evidente che siamo su questa terra per una qualche missione e secondo me siamo anche cosi’ lontani dal realizzarla, precisando che non so nemmeno esattamente qual’e’, ma nell’ipotesi che comunque tutto questo venga distrutto beh un po di piu’ di uno sforzo comune ci vuole’ ! Nella fase di sviluppo dei vaccini per il Covid 19 possiamo clasificarli in cinque gruppi: Vaccini Dna; Vaccini Inattivi; Vettori Virali; Vaccini Vivi Attenuati; Vaccini a Subunita’. Ognuno di essi viene sviluppato con caratteristiche differenti chi sfrutta materiale genetico chi usa il vettore virale e chi usa lo stesso virus ma indebolito e ci saranno quelli che devo essere somministrati in doppia dose e chi in monodose. In conclusione non tutti i vaccini si nrileveranno efficaci e alcuni saranno bocciati, vedremo, quello che e’ sicuro che io ne farei a meno. Ma viaggiando ........ non ne potro fare a meno. Ma ci sono stati dei lati positivi behhh almeno ad Abidjan dopo le 20 vigeva il silenzio assoluto niente macchine e nessuno per strada insomma una tranquillità dolce che accompagnava le nostre serate sulla terrazza con la nostra lieve musica  di Radio Monte Carlo e i suoi drastici bollettini italiani. Il canto degli uccelli mai cosi forti e numerosi. Il silenzio che malgrado i settemila chilometri di distanza ci univa con il silenzio italiano ma con una differenza ancor piu’ triste con una frase dettami da piu’ italiani “ le sirene delle amulanze sono l’unico suono che rompe il silenzio spettrale sia di giorno che di notte’”. Questo a noi ci e’ stato risparmiato. Di tante cose fatte c’è però una cosa che non sono riuscito a fare, una pennichella pomeridiana ma si vede che per quello non è ancora l’ora ma manca poco. Un grazie di tutto cuore a Macline che tutto in questo periodo di crisi io di crisi non ne ho vissuta !

giovedì 21 novembre 2019


I BUONI PROPOSITI PER IL 2020
Consumare meno plastica;
Arrabbiarmi meno;
Imparare a fregarmene spesso …  che vuol dire dare importanza alle cose e alle persone che m’interessano veramente e non dare peso a ciò che non contribuisce alla mia felicità…;
Dormire di più;
Lamentarmi di meno…. sopprattutto con Macline, ma anche criticarmi meno !
Fare jogging anche la Domenica mattina;
Non prendere il tutto troppo serio;
Scrivere frequentemente ad amici e parenti vedi Elen…;
Dedicarmi al fai da te.

mercoledì 14 agosto 2019

VENEZIA I SUOI PONTI, I SUOI CAMINI E NOI.



Dopo aver percorso il lungo e diritto tratto sulla laguna, che poi è il ponte della Libertà, si arriva a Piazzale Roma si passa il ponte in vetro e cemento della Costituzione ed eccoci alla stazione di Santa Lucia e di colpo ci si ritrova dentro il decoro di Venezia con il Canal Grande e i suoi vaporetti, le gondole e i suoi gondolieri,canali e canaletti e le centinaia  di ponti con quelli di Rialto e  dei  Sospiri
su tutti, con le migliaia di scalini da salire e scendere. In origine per quanto possa sembrare strano, non c’erano  ponti a Venezia in quanto gli abitanti erano soliti spostarsi attraverso le 121 isolette con le proprie imbarcazioni o con i traghetti dell’epoca. Il progresso tecnologico, l’aumento della popolazione, il rigoglioso fiorire della città dovuto all’aumentare dei flussi commerciali hanno però reso necessaria la costruzione di passaggi carrabili che collegassero le diverse zone. Così sono nati i 435 ponti di Venezia, di cui 300 sono in pietra, 60 in ferro e i restanti in legno. Si ha testimonianza dei primi ponti in pietra dal 1170. In origine essi erano anche senza parapetti per facilitare il carico nelle barche dall’alto  ma in seguito all’aumento della popolazione ed a qualche improvvida caduta in acqua sono stati aggiunti nell’Ottocento. Un breve accenno al ponte di Rialto sicuramente tra i piu’ conosciuti, situato nel cuore del polo originario di Venezia è stato il primo ponte in pietra a collegare le rive di Canal Grande. Sin dall’origine della città Rivoaltum era il centro del potere commerciale di Venezia e la prima realizzazione di questo ponte risale alla fine del XII secolo ad opera di Nicolò Barattieri. Si trattava di un ponte fatto di barche unite da assi di legno chiamato il Ponte della Moneta, in memoria del pedaggio che si pagava allora attraversando con il traghetto. Un piccolo accenno anche ad un’altro famoso ponte quello dei Sospiri non lontano da piazza San Marco, lungo il molo principale prospiciente il Palazzo Ducale e certamente il piu’ fotografato. Realizzato in puro stile barocco tra il 1600 e il 1603 in pietra bianca d'Istria, pietra utilizzata per quasi tutte le costruzioni di Venezia,  nasconde completamente due corridoi separati da un muro che collegano le Prigioni e Palazzo Ducale ed esattamente le stanze dei magistrati , dove i prigionieri dovevano essere processati e doveva offrire la massima sicurezza contro ogni tentativo di fuga. Per tradizione popolare si dice che il Ponte dei Sospiri abbia questo nome perchè in esso transitavano i condannati o i detenuti in attesa di giudizio, i quali potevano vedere la luce del giorno e il bellissimo panorama del bacino e della laguna per l'ultima volta, sospirando quindi per la terribile detenzione che li aspettava nelle durissime celle della Serenissima ! Ma come non menzionare il Ponte degli Scalzi che è vicinissimo alla stazione dei treni ed è conosciuto come “degli Scalzi” perché per oltre trecento anni appartenuto all’ordine dei Carmelitani Scalzi. Ma è dovere citare anche il Ponte dei Tre Archi o quello dell’Accademia e ce ne sarebbe da citarne altri e altri ancora. E i famosi gradini? Forse non tutti lo sanno, ma fino a circa il 1500 i ponti di Venezia ne erano sprovvisti per permettere ai cavalli di trainare senza difficoltà.



Provare a contare le chiese di Venezia è piu’ facile scriverlo che a farsi ed io ne ho perso il conto gia’ al primo giorno.  Delle sue circa  250 Chiese  ognuna  di loro ha
una lunga storia da raccontare, anzi moltepliche, con la loro architettura diversificata in ogni stile e di ogni epoca e di ogni dimensione, piene di dipinti, di quadri e di affreschi nonchè di statue di bronzo di marmo e di legno e dei maggior artisti veneziani e non, addobbi e reliquie comprese. Tra i maggior artisti un accenno ai piu’ famosi: Canaletto, Verrocchio, Giorgione, Tiepolo, Gentile e Jacopo Bellini, Favretto, Caravaggio a tanti altri. Un souvenir particolarmente a me caro e' stata la
visita alla Basilica dei Santi Giovanni e Paolo che è uno degli edifici medievali religiosi più imponenti di Venezia, assieme alla basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, e che viene considerata il Pantheon di Venezia grazie al gran numero di Dogi veneziani e altri importanti personaggi che vi sono stati sepolti a partire dal Duecento e sorge nell'omonimo campo, nel sestiere di Castello e qui subentra un’altro particolare che me la rende veramente unica in quanto sul piazzale c’e’ la statua in bronzo del celebre condottiere di origine bergamasche Bartolomeo Colleoni  capitano generale delle forze terrestri della Repubblica di Venezia che morendo lasciò ricche donazioni allo Stato Veneziano esprimendo che in cambio gli venisse eretto un monumento equestre a San Marco. La repubblica accettò  e dopo aver bandito il concorso fu vincitore il Verrocchio (maestro fiorentino di Leonardo da Vinci) ma terminato da Alessandro Leopardi a seguito della morte del primo nel 1488. Da sapere che vigeva a Venezia una legge che vietava l’erezione di monumenti dedicati a qualsiasi personaggio nella Piazza San Marco e contemporaneamente decise che questa doveva essere collocata nel campo dei SS. Giovanni e Paolo giusto davanti all’Ospedale San Marco e oggi continua a campeggiare laggiù e a detta di molti critici nel definirla "la più bella statua equestre del mondo". Ritornando a parlare di Venezia come non citare i suoi beaux Hotels e i suoi Palazzi storici a bordo dell’acqua, per non parlare delle sue stradine strette di una raffinata architettura che formano un labirinto dove nel percorrerle si respira storia ed arte e sfociano sempre in qualche bella piazza dai balconi fioriti e di tavolini dei caffè e una fontana con l’immancabile coda di turisti intenti a riempire qualche borraccia d’acqua corrente e fresca. A Venezia si possono trovare musei e gallerie tra le piu’ prestigiose del mondo per non parlare della Biennale un vero concentrato di cultura e di culture ! Nel percorrere Venezia si arriva immancabilmente nel suo cuore: la magnifica Piazza San Marco, sempre affollata in ogni ora di ogni giorno, con la Basilica e il Palazzo del Doge simboli della Serenissima imperdibilmente da visitare ....,. sempre se disposti a ore di coda d’attesa. Giusto in centro della piazza il Campanile di San Marco il più alto e il piu’conosciuto sulle cartoline, ricostruito dopo il crollo nel 1902 e ancora ben dritto. Ma a guardar bene al di sopra dei tetti di campanili se ne vedono a decine e decine di ogni forma e altezza e di ogni passato storico ma anche in ogni inclinazione ! Non mancano certo le cupole delle tante chiese che si perdono e si confondono nei e con i tetti. Tutto questo spiega e rappresenta bene la vecchia potenza della Serenissima che arrivava fino all’isola di Malta e oltre. 
Ma sostando con lo sguardo sui tetti si nota una selva di particolari e originalissimi Camini che hanno attirato subito la mia attenzione in quanto sembrano fatti in modo accidentale e anomali nel ritmo architettonico di Venezia e viene immediato chiedersi come mai un popolo così pratico, che aveva adottato soluzioni estremamente razionali per sopravvivere in un ambiente ostile quale quello lagunare, si sia cimentato in costruzioni così elaborate, laboriose e costose. Nei secoli l’espulsione del fumo delle abitazioni è sempre stato il tormento dei mesi invernali: morire affumicato o dal freddo. Generalmente il problema era risolto con un foro nel tetto, da cui usciva però anche una notevole quantità di calore e a questo problema si aggiungevano, soprattutto a Venezia, umidità e salsedine. Ecco quindi l’esigenza dì un marchingegno per estrarre il fumo dall’abitazione, ma che doveva anche abbattere le scintille a volte causa di furiosissimi incendi (le primitive abitazioni veneziane infatti avevano tetto in paglia) e, particolare non secondario, favorire la circolazione forzata dell’aria nell’abitazione. Questi camini, come si può vedere da alcune foto, assicuravano che le scintille portate in alto dalla forza ascensionale dell’aria calda non fuoriuscissero dalla canna, in pratica la struttura del camino obbligava l’aria a seguire percorsi tortuosi e le scintille urtando sulle pareti venivano guidate in zone interne al camino stesso, dove si raffreddavano e dove, in considerazione della copertura del camino, restavano imprigionate. Intorno al 12° secolo la Repubblica di Venezia cominciò ad affermarsi come Regina dei Mari e quindi ad arricchirsi passando da costruzioni in legno a quelli in muratura divenendo sempre più di precisione il mestiere dell’artefice della costruzione della città: il “murer” (muratore) con regole ben precise per garantire la qualità del lavoro svolto. Infatti per diventare maestro bisognava superare un esame e quello dei mureri consisteva nel costruire un camino, che doveva essere perfettamente funzionante ed esteticamente consono all’urbanistica della città. Ed ecco che l’umile, semplice e decorativo camino, assunse nell’edilizia veneziana, una posizione di rilievo che portò alla creazione delle caratteristiche forme che possiamo vedere ancora oggi: a campana dritta e rovesciata e o a vaso. La forma a campana si presenta tronco-conica con la sua base maggiore rivolta verso l’alto ed è quest’ultima la più classica forma di “camin” veneziano, molte volte rappresentato nei dipinti dei grandi pittori di scuola veneziana ed è certamente il più funzionale. Non possiamo ovviamente dimenticarci di una figura importantissima che aveva a che fare con questo elemento edilizio: lo “scoacamin” (spazzacamino) un personaggio caratteristico, generalmente piccolo, nero di fuliggine, portava a spalla i suoi arnesi da lavoro: una scaletta, una corda nera, un fascio di “pungitopo” ed un peso ed erano 80 a Venezia gli addetti nel 1661, provenienti dalla Val Brembana, dalla Savoia, dalla Val Camonica e abitavano in calle dei “Scoacamini” (vicina a San Marco).
Un breve ma intenso saluto al Signor Sergio che ci ha non solo accompagnati per giorni e per chilometri in quel della Serenissima, ben 9 km e 600 metri solo il primo giorno  come  dal suo iphone contatore, ma ci ha istruito con notizie, informazioni, indicazioni, segnalazioni, cenni storici e nozioni su tanta storia della città di Venezia e da cui questo blog prende spunto. Sempre affabile, sempre interessante e sempre pronto ad aspettarci quando si rimaneva indietro per le solite fotografie ricordo. Un grazie a mani piene Signor Sergio e sara’ nostro piacere rincontrarla alla prossima edizione della Biennale.

Ultimo ma non ultimo, Venezia per sua collocazione è una città romantica e meta obbligata per le coppie e per I viaggi di nozze e quindi per gli innamorati, n'est-ce pas Macline ????
    

giovedì 8 gennaio 2015

I BUONI PROPOSITI PER IL 2015

Chiamare più spesso parenti e amici; arrabbiarmi meno; ascoltare di più e non parlo di solo musica; smettere di pensare tanto al passato e preoccuparmi troppo per il futuro; ballare; cucinare polenta e coniglio; capire la scienza quantistica; ammazzare meno formiche; andare a trovare Maricri a Kahrtum; guidare sempre con attenzione; coltivare la lavanda; invitare a cena Maman; accettare che il mondo è così; usare più prodotti naturali e meno buste in plastica; rispettare sempre il semaforo rosso anche la domenica mattina presto; disfarsi dei ribbons vecchio stampo; fare un regalo a Macline il giorno del suo compleanno; leggere e dormire molto; riprendere a giocare a tennis; aspettare la visita di Padre Stefano; cambiare tutte le password. Ecco i miei propositi per il nuovo anno. Pro: ho un anno di tempo. Contro: non è detto. Buon anno a tutti, Carlo

lunedì 27 gennaio 2014

Ciao ci si vede domani

Quando ero ragazzino amavo la mia città. Ero pieno di amici con i quali si giocavano interminabili partite a pallone. Interminabili lo diventavano in quanto conclusa una partita se ne incominciava subito un'altra e la fine arrivava con l'imbrunire. Essendo il campetto sprovvisto di luci la sagoma della palla svaniva nell’oscurità così come svaniva la nostra voglia di giocare e quindi mogi mogi e tanto stanchi ci si salutava con il solito saluto: ciao ci si vede domani. Ma c'erano altri motivi che portavano termine a una partita, uno era l'ultimo richiamo della mamma Eugenia dal balcone con la minaccia "giuro che se non sali subito domani rimani chiuso in casa tutto il giorno". Il secondo motivo e il più crudo era quando il proprietario se ne andava portandosi con se la palla e di conseguenza partita finita. In questo caso si potevano avere due alternative: che uno dei presenti corresse a casa a prenderne uno correndo il rischio di entrare e non uscirne più, vedasi minaccie varie delle mamme e l'altra era quella che arrivasse qualcuno con la palla diventando l'idolo di tutti, infatti "l'eletto" poteva scegliere la squadra, dare il calcio d'inizio e quando smettere. L'importante per noi ragazzini era di giocare con l'obbiettivo di vincere. Quante saracinesche dei vari garage, dei vari cortili, dei vari palazzi che abbiamo ammaccato. Un ricordo lo rivolgo al pannello in metallo col simbolo rosso del divieto di sosta inchiodato con quattro lunghi chiodi arugginiti, di cui ben la metà era sporgente talmente tanto che ogni tanto un pallone ci lasciava l'aria, ebbene questo pannello era diventato il nostro canestro essendo giusto nel centro del muro ed ad un'altezza giusta per la nostra età. L'avessero messo un metro o di qua o di là, o mezzo metro più in giù o più in sù che non l'avremmo utilizzato come canestro. Ironia della sorte quando l'avevamo ormai distrutto piegato su se stesso contorto come della carta stagnola utilizzata hanno pensato di cambiarlo ed ironia della sorte il nuovo l'avevano rimesso giusto in centro ma posizionato più in alto, cosa perfetta per noi ragazzi che durante eravamo "lievitati" ma per fortuna del cartello i nostri "canestri" erano cambiati. Un'ultima cosa il pallone era sempre lo stesso e lo utilizzavamo con i piedi e con le mani.
Amavo talmente il mio paese che non riuscivo minimamente a immaginare che attorno ci fosse un mondo intero. Mi sentivo protetto, mi sentivo amato, mi sentivo al sicuro. A mia volta amavo tutto in quel periodo la mia famiglia, la mia stanza, l'appartamento al secondo piano, lo stesso palazzo, i parenti brianzoli, i vicini, i numerosi amici, la scuola e i compagni ed anche i vari professori, l'andare in Chiesa e l'andare all'oratorio soprattutto a quello estivo, i nonni, gli zii e i cugini e gli innumerevoli viaggi nella bergamasca e le sue estati.... a dir il vero ci passai anche un ultimo dell'anno con gli amici del paesello separato in due dalla roggia Borgogna con una pizzata nella centralissima Bergamo e al cinema subito dopo con la proiezione di uno dei sempre divertenti Fantozzi, un giro per la città alta e rientro congelato (quando si circola in motorino in pieno inverno è abbastanza normale). Allora non fumavo, bevevo esclusivamente coca-cola e niente alcool, le droghe non sapevo che esistessero quasi come le ragazze. Di avere una ragazza ai quei tempi era impossibile sia per la scelta delle ragazze che cercavano altro e sia perché nella mia mente c'era spazio solo per gli amici e lo sport, calcio e pallavolo le mie favorite ma praticavo anche la corsa campestre e il nuoto. Era tutto una gioia. Era gioia anche quando mia madre mi mandava a fare la spesa nei piccoli supermarket del paese dove si trovava tutto e tutti si conoscevano, ai quei tempi non si pagava immediatamente ma si lasciava “segnato” su un quaderno in custodia alla cassiera e avrebbe provveduto poi mia madre a fine mese a saldare il conto. Erano gli anni dei primi video games nei bar che soppiantavano l'eterno flipper. Ogni tanto con il gruppo ci si andava a giocare ma con molta moderazione, a parte l'interminabile Pack-man dove ho speso giorni e giorni e gettoni sia come giocatore che come osservatore. Infatti a noi scarsi per poter godere un pò di più del gioco rimaneva che seguire e tifare i più bravi tra cui Massimo, che é stato il campione del bar Moderno per tutta l’estate e quasi tutto l’inverno e durante la sua performance si assisteva veramente a una ressa attorno allo schermo. Quando dopo decine e decine di minuti il Pacman giallo veniva mangiato da uno dei fantasmini colorati si sentiva un coro di "nooooooooooo" che riusciva a coprire la voce del televisore sempre acceso ma che nessuno guardava mai, a parte la domenica con 90° minuto e la lettura della schedina e la giostra dei gol della Domenica Sportiva alla sera dove regnava un silenzio assoluto. Quando giocavo io al videogames il solo osservatore era un amico o una persona occasionale, due amici era raro. Li capivo benissimo in quanto non duravo molto. Sono sicuro di essere riuscito a terminare il primo livello come sono sicuro che non ho mai passato il secondo! più che un record era una sfida alla torsione del mio corpo: dal polso all’anca, collo e spalle comprese. Insomma smanettavo, piegavo, spingevo, sudavo ma il mio Pacman andava in altre direzioni. Massimo, il campione, quando giocava oltre ad accendersi e fumare la sigaretta se era domenica si guardava anche i gol, almeno nei primi 5 livelli ! La mia scarsità mi riporta alla mente un souvenir ancora molto vivo in me: mi trovavo al bar con Marco e riusciamo a racimolare un'ultimo gettone. Ma chi dei due gioca ? Facciamo bim bum bam ed esco io come vincitore. Mi preparo e Marco detto il Ginetto mi dice "vai Carletto che è la volta buona, lo sento !". Partito spingo la manopola ma questa causa sudore mi sfugge e mi lesiona leggermente il pollice, il tempo di riprendermi che il Pacman è morto. La partita finisce quasi subito e mentre stavamo uscendo dal bar il Ginetto amareggiato mi dice: lo sapevo, lo sapevo che finiva così, lo sapevo che avrei dovuto giocare io. Mentre percorravamo il corto cammino che ci separava dai differenti condomini gli rispondevo: ma mi sembrava di averti sentito dire che eri sicuro che avrei vinto ... sigh sigh. Non ci siamo più detti niente fino al solito saluto: ciao ci si vede domani. Erano gli anni dove l’Italia in Spagna diventò Campione del Mondo !!! Quella sera eravamo tutti in piazza, dico tutti perché non avevo mai visto una folla così oceanica al mio paese. La sola volta dove si vedeva la maggior parte dei cittadini riuniti era la notte di Natale dopo la Santa Messa con la banda che ormai congelata intonava tre canzoni natalizie giusto il tempo che i presenti si facessero gli auguri ma allo scadere della mezz’ora la piazza tornava completamente vuota e spenta. Quella sera dell’11 Luglio del 1982 non solo la piazza era strapiena e dipinta d'azzurro ma anche le vie attigue erano piene di gente: chi a cantare, chi a suonare, chi a ballare e tutti dico tutti a urlare alla Nando Martellini la formazione a partire dal suo capitano: Zoff, Collovati, Cabrini, Gentile, Scirea, Oriali, Antognoni, Tardelli, Conti, Graziani, Rossi. Ciao ci si vede in Brasile.
Erano anche gli anni dove leggevo tutti i fumetti disponibili in edicola o gratis alla biblioteca comunale: Tex, Zagor, Alan Ford, Lupo Alberto, Sturmtruppen, Diabolik e che molto presto avrei sostituito con i futuri Dylan Dog, Nathan Never e Martin Mystere. Infatti c'era una sfida tra noi ragazzi di via Libertà a chi fosse il primo a leggere una nuova avventura di un super eroe per poi raccontarlo a tutti ottenendo l'interesse con le mille domande del gruppo sentendosi un pò delle star. Sempre in quel periodo lessi il primo libro impegnativo e che non rientrasse in uno dei testi scolastici: un Uomo di Oriana Fallaci, poi sono seguiti tutti e tanti altri. Tutte cose che mi porto dentro ancora oggi. Di seguito sono arrivati gli anni del militare, del lavoro
delle ragazze e le prime gite sui laghi con i motorini prima, con le moto dopo e con le macchine ancora dopo. Insomma un nuovo mondo si apriva ai mie occhi e alla mia conoscenza ed ero attirato da un richiamo chissà da dove e chissà per dove e il problema non era il dove ma il fatto che non sapessi neanche da dove partire !! Ma questo è il dopo. Allora volevo solo crescere ed ero nel pieno dell’adolescenza, un fanciullo ingenuo e spontaneo che passava il tempo tra la famiglia, la scuola e il restante con i ragazzi della via a giocare e a discutere. Allora ero un piccolo uomo. Ma come dicono i pigmei conosciuti nel mio girovagare per l’Africa: «Lo scoiattolo è piccolo, però non è schiavo dell’elefante !». Ciao ci si vede domani.

lunedì 18 febbraio 2013

Viaggio in Burkina Faso

_ _ _ Con un viaggio due avvenimenti speciali. Quali ?? Partiamo da lontano. La mia Maestra Lucia, la emme maiuscola per chi la conosce sa che gli aspetta di diritto, durante l'ora di geografia ci faceva studiare quei Paesi che a me sembravano cosi lontani, così diversi, dal nome strano ma affascinante e data anche la mia giovane età anche un po’ buffi: l'Alto Volta e il Basso Volta.
Grazie alla cartina geografica appesa alla parete con tutto il mondo in evidenza, di fianco quella dell'Italia in scala gigante che per vedere Milano dovevo guardare in alto alla stessa altezza del Crocefisso, immancabile nelle aule scolastiche e sempre allo stesso posto, lassù oltre lo stipite della porta, talmente la in alto che la mia nuca appoggiava sulla schiena, anzi sul colletto bianco del mio grembiulino nero dal fiocco azzurro. Bello !! ...il fiocco azzurro. Il tutto fa presagire che ero piccolino. Ebbene con i due emisferi ben in evidenza potevo vedere che l'Alto e il Basso Volta si trovavano laggiù in Africa, dovrei dire: lassù, ma niente più. Avevo proposto di portarli come materia d'esame ma il mio Gruppo di Ricerca Pomeridiano (il Limonta, il Bianconi, il Calloni e me) optava per la Sierra Nevada della più vicina Spagna. Ebbene con questa visita alla capitale Oagadougou sono venuto a scoprire che il Burkina Faso era l'Alto Volta fino all'agosto del 1984 e la Costa d'Avorio era il Basso Volta fino all'agosto del 1960. Ecco la prima circostanza speciale: dopo 40 anni trovarmi a vivere il quelle terre allora così lontane ma ora così familiari. La cosa strana è che il nome Volta era stato dato dai colonizzatori dal nome dei tre fiumi del paese: Volta Rosso, Volta Bianco e Volta Nero (che davano anche i colori alla bandiera dell'Alto Volta, tre strisce orizzontali, dall'alto al basso: Nera, Bianca e Rossa). Il fiume Volta è formato dai due rami principali dal Volta Bianco (Nukanbe) e dal Volta Nero (Mouhoun) che nascono nel Burkina Faso e si congiungono nel territorio del Ghana. Il Volta Bianco riceve le acque del Volta Rosso (Nazinon) che solca la parte centrale del Burkina Faso. Il Volta Nero per un tratto segna il confine tra il Burkina Faso e il Ghana e successivamente tra il Ghana e la Costa d'Avorio ma solo per pochi chilometri. Rientra definitivamente in Ghana dove forma il piu grande lago artificiale dal nome omonimo nato dalla costruzione della diga di Akosombo. Il fiume Volta continua a tagliare il Ghana in due fino a sfociare nel Golfo di Guinea. Quindi il nome Alto Volta stava a indicare la nazione che conteneva la parte superiore del Volta. Giusto ! Ma perchè all'ora chiamare Basso Volta la Costa d'Avorio quando solo per qualche chilometro il fiume la lambisce ?? Il Ghana intanto era chiamato Costa d'Oro. Mistero misterioso! almeno per la logica. Il secondo avvenimento speciale della mia visita è che nel Dicembre del 1959 Fausto Coppi, il grande ciclista su strada soprannominato il Campionissimo, si trovava in Burkina Faso per delle gare ciclistiche e contrasse la malaria durante una battuta di caccia in un parco appena fuori Ouagadougou. Rientrato in Italia febbricitante morirà qualche settimana dopo divenendo un Mito del ciclismo, la emme maiuscola per chi lo conosce sa che gli aspetta di diritto. Come sto io ??? Bene. Non ho nè gareggiato nè cacciato e per divenire un mito ci vorrebbero dei secoli. Ma rimango sempre un Maschio italiano ... la emme maiuscola per chi mi conosce sa che mi aspetta di diritto...... hiiiiiiiiiiiiiiiii

sabato 25 agosto 2012

Il pandino dipinto di blu.

La Panda è un’auto superutilitaria prodotta in tre serie la prima nel 1983, la seconda nel 2003 e l’ultima quest’anno dalla Fabbrica Italiana d'Automobili a Torino (come disse un spettatore che partecipava a un noto programma di quiz per non fare della pubblicità gratuita od occulta, insomma per non pronunciare il marchio FIAT) e che vinse il Premio “Compasso d’Oro”. Quella di mia madre è di colore blu e fa parte della prima serie quella disegnata da Giorgetto Giugiaro. Per essere precisi è quella del restayling avvenuto nel 1986, chiusura centralizzata, finestrini elettrici, allarme, un porta oggetti più grande e della plastica in più.
Perchè parlo della panda di mia madre ? Perchè quest’estate m’ha gentilmente offerto il "pandino" (è il diminutivo con cui lo chiamiamo in famiglia) per andare nella splendida Sardegna via Genova e dopo il traghettamento e lo sbarco a Olbia ha proseguito fino a nord ed esattamente a Palau dove con un'altro più corto traghettamento il pandino è arrivato sull'isola La Maddalena e da qui sull'isola di Caprera a rendere omaggio
al Generale Garibaldi, l'Eroe dei due mondi. Dopo Caprera impossibile andare oltre a parte le Bocche di Bonifacio ! L'ho portata nelle spiaggie di Pittulongu, di Bounte, le Conchiglie, la Spiaggia Bianca, Porto Istana, ed ogni cena mi sono presentato regolarmente con lei. Può trasportare cinque persone come è avvenuto con con l'aggiunta dei simpatici Mario e Annalisa all'11a Sagra del Bovino a Calangianus un paesino all'interno del Gallulerese che sorge su un altopiano di 520 metri il maggiore centro italiano per l'estrazione e la lavorazione del sughero, ma non meno importante la sua sfilata davvero pittoresca nonchè affascinante. Di abbondante c'è stata la tanta gente e il buon vino e il mangiare alla sera. Tutto grazie al pandino che dal livello del mare ai 520 metri piena di affamati prima e di gente piena al ritorno, i tratti veramente pendenti li ha fatti regolarmente in seconda a parte un tratto tutto in prima !!
Ma non l'ho guidata solo io ma anche Giuditta e Michele. Macline no perchè non ha la patente ma mi ha promesso che lo farà ben presto per poterla guidare, comunque a parte quello di guida gli altri posti li ha occupati tutti. Quanta gioia ci ha dato ma voglio pensare che di tanta gioia abbia goduto anche lei da farmi ricordare una storia: Un uomo visita una città straniera e va al palazzo reale, va a vedere il monumento principale e poi la città vecchia dove entra in un cimitero e sulle lapidi legge "Ha vissuto 59 giorni", "Ha vissuto 12 giorni", "Ha vissuto 47 giorni" e si accorge che sono quasi tutte simili. Poco più lontano vede un'uomo vestito tutto di bianco con una barba altrettanto bianca e avvicinandolo gli chiede se fosse un cimitero per bambini. L'uomo gli spiega che che no sono tutti morti in età adulta, quella sulla lapide sono il numero dei giorni che hanno vissuto veramente, quelli in cui si sono goduti la vita. Io non so quanti me ne scriveranno sulla mia, ma grazie al pandino ne ho aggiunto qualcuno in più. Grazie Mà.
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